Eremo di
Sant'Onofrio
e la Badia Morronese
(Sulmona - L'Aquila)
Dopo aver preso gli ordini a Roma, Fra' Pietro Angeleri decise di ritornare alla vita eremitica. Giunto a Sulmona nel 1241 si mise a ricercare la grotta dove aveva fatto penitenza Fra' Flaviano da Fossanova. La prima dimora morronese è tradizionalmente indicata nella grotta che si apre sotto la cappella Caldora di Santo Spirito al Morrone, e che è quel che resta della chiesa ipogeica di Santa Maria del Morrone edificata dallo stesso Pietro nel 1241.
Qui visse cinque anni, tra tentazioni e visioni mistiche, tra cui quella della scala d'oro in cima alla quale stavano le tre Persone della Santissima Trinità, tanto che la fama della sua santità cominciò a richiamare sulla montagna un certo numero di discepoli che costituirono il primo nucleo dei Fratelli di Santo Spirito. La presenza sempre più
frequente di pellegrini indusse Pietro ad abbandonare Santa Maria e a rifugiarsi tra i valloni della Maiella, senza però mai dimenticare il Morrone dove ritornava ogni anno e dove nel 1258 prese ad ingrandire la chiesa esistente fabbricandovi sopra un nuovo edificio dedicato a San Giovanni. Intanto la comunità raccolta
intorno a Fra' Pietro, ordinata già a Santo Spirito a Maiella, richiedeva
una nuova e più ampia sede che trovò compimento con la costruzione di Santo Spirito al Marrone che diventò casa madre. Allo stato attuale la Badia Morronese che, dopo la soppressione degli ordini religiosi, fu adibita a carcere, presenta possenti muraglie secentesche,
volte ad esprimere la potenza, anche economica oltre che politica, raggiunta dai Celestini che dopo la morte del fondatore godettero della protezione
di Filippo il Bello. La chiesa dominata da uno svettante campanile (1596) che ricorda nelle linee quello dell'Annunziata
di Sulmona, prospetta sul cortile interno a cui si accede attraverso un maestoso portale. Di pianta a croce greca conserva altari a tarsia
di marmi policromi, cantoria intagliata, coro a due orelini di stalli e, sull'altar maggiore, una grande tela raffigurante la
discesa dello Spirito Santo. Da una porta, posta alla sinistra del coro, si accede alla cappella Caldora, interessante artisticamente per il ciclo
di affreschi, ma soprattutto per il monumento funebre realizzato nel 1412 da Gualtiero Alemanno su commissione
di Rita Cantelmo, per i figli Giacomo, Raimondo e Restaino Caldora.
Ma più che tra queste mura, la memoria di San Pietro Celestino papa e confessore è conservata tra quelle più aspre e solitarie di Sant' Onofrio al Morrone dove si ritirò nel giugno del 1293.
Benché rimaneggiato nei secoli e in parte distrutto dai bombardamenti dell'ultima guerra, l'eremo conserva ancora l'aspetto severo ed inaccessibile che aveva all'epoca del Santo. Per raggiungerlo occorre prendere la strada che, partendo dalla Badia, si inerpica verso il Santuario italico
di Ercole Curino, Giunti al piazzale Belvedere è necessario proseguire a piedi per un percorso a tratti
scalinato e scavato nella roccia. Su un piccolo slargo da cui si domina tutta la Valle Peligna, si apre un portichetto che immette, attraverso un altro spiazzo, in un primo ambiente coperto
di affreschi devozionali, diversi per epoca e valore, tra cui una Madonna in trono affiancata dal sole e dalla luna. Si passa
quindi in un oratorio con la volta dipinta di azzurro e punteggiata di stelle, coperto
di immagini eseguite da Maestro Gentile da Sulmona, negli anni in cui Pietro si era ritirato in questi luoghi. La parete
di fondo porta una Crocifissione con Maria e San Giovanni ai piedi della Croce; sulla lunetta dell'ingresso sono raffigurati San Benedetto tra i padri eremiti Mauro ed Antonio, mentre sulla parete
di sinistra è visibile un ritratto di San Pietro Celestino; eseguito probabilmente pochi anni dopo la morte, raffigurato con il saio monastico, ma con in capo il triregno e
reggente in mano la palma del martirio. Al centro un semplice e antico altare reca incastonato nel mezzo un crocifisso
di pietra che, secondo la tradizione Celestino V avrebbe benedetto durante la messa che
qui celebrò in abiti pontificali prima di recarsi a Napoli. L'edificio comprende una serie
di celle e locali, recentemente
restaurati, e che sino ai primi di questo secolo ospitarono figure isolate di religiosi ed eremiti laici. Tra queste mura, mentre osservava il
digiuno penitenziale in onore della Vergine Assunta e di San Pietro, Fra Pietro fu raggiunto dalla notizia della elezione al papato.
La tradizione racconta che il Crocifisso dinnanzi al quale il Santo pregava
accennò con il capo e solo allora Pietro pronunziò queste parole: "Do il mio assenso ai voti del Sacro Collegio ed accetto il Sommo Pontificato. Mi aiuti il Signore a portarne il gravissimo giogo". Scrive Francesco Petrarca nel De Vita solitaria che, nell'atto
di lasciare Sant' Onofrio, Roberto da Salle, il cui nome secolare era Santuccio, si inginocchiasse
dinnanzi al papa e gli chiedesse la santa benedizione e il permesso di restare erede della sua povera cella e
successore della sua pace. A Sant' Onofrio Pietro ritornò dopo l'abdicazione e vi rimase nascosto fino a febbraio del 1295 quando partì con il desiderio
di raggiungere la Puglia per imbarcarsi verso la Grecia.
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