Sulmona Città d'arte nel Parco Nazionale della Maiella
Dinamica cittadina di circa 25.000 abitanti, è posta a 400 m s.l.m. in una vasta conca del centro Abruzzo, delimitata dalle montagne più eccelse della catena appenninica. Importante nodo ferroviario e stradale, dista 146 km da Roma e 67 da Pescara e da L'Aquila. Secondo la tradizione, l'antica Sulmo, oppidum italico e municipio romano, sarebbe stata fondata da Solimo Frigio, compagno di Enea. Vi nacque il poeta latino Ovidio Nasone, che immortalò le sue origini nel famoso emistichio "Sulmo mihi patria est", le cui iniziali fin dal Medioevo figurano sullo stemma cittadino. Incontrò particolare fortuna al tempo degli Svevi fino ad assurgere a capitale della regione; fu sede di una delle sette fiere del Regno, del Giustizierato d'Abruzzo e di una cattedra di Diritto Canonico, di prolifiche botteghe di oreficeria; centro artigianale e commerciale di notevole importanza anche al tempo degli Angioini e degli Aragonesi, fu patria di umanisti insigni e del papa Innocenzo VII. Il nucleo antico dell'abitato, racchiuso entro la cinta muraria in parte ancora intatta, vanta pregevoli monumenti di ogni tempo immersi nella fitta trama del tessuto urbanistico plasmato e trasformato dalle vicissitudini del tempo. Sulle strette viuzze, sugli slarghi e sulle piazzette alberate si affacciano case modeste e dignitose dimore, poste come a far da corona alle architetture più prestigiose, ma comunque nobilitate da una finestra intagliata, da un cantonale annerito, da un frammento scultoreo, da una traccia d'affresco. E all'interno di ogni palazzo e di ogni chiesa, nei chiostri e nei cortili più riservati e quasi nascosti agli sguardi indiscreti del passante frettoloso, ancora tesori di suggestioni, scale e loggiatini, stemmi araldici e capitelli, portichetti e pozzi scolpiti; lembi di un passato illustre, frammenti di vita vissuta, testimonianze di una civile convivenza, che danno valenza e spessore alla millenaria vicenda cittadina.
In alto, da sinistra: portale dell'ex chiesa di Sant'Agostino (1315), trasferito alla fine del- l'Ottocento sul fronte rustico di San Filippo in Piazza Garibaldi. Portale della Cattedrale di San Panfilo di Nicola di Salvitto (1391). La Fontana del Vecchio, fatta costruire dal capitano Polidoro Tiberti da Cesena nel 1474. Portale e finestra a ruota del 1400 della chiesa di Santa Maria della Tomba in Piazza Plebiscito.
La Cattedrale di San Panfilo: di remota origine, ma molto danneggiata dal terremoto del 1706. Al periodo romanico appartengono la parte absidale e la cripta. Il portale principale fu lavorato nel 1391 da Nicola di Salvitto. All'interno, doppio ordine di colonne romaniche, resti di affreschi quattrocenteschi, sarcofago del vescovo Bartolomeo de Petrinis del 1422, Crocifisso ligneo del XIV secolo, marmi commessi, coro e altri arredi lignei settecenteschi di Ferdinando Mosca; nella cripta, sedia episcopale, bella scultura in pietra raffigurante Madonna col Bambino, affresco trecentesco nell'arcosolio di un antico sepolcro, lastre tombali, edicola marmorea seicentesca che racchiude il busto di San Panfilo (patrono della città), lavorato nel 1459 da Giovanni di Marino di Cicco. Ricco archivio nelle sagrestie.
Porta Romana: in passato detta anche Porta Pinciara o Porta San Matteo, fu aperta nella cinta muraria trecentesca e restaurata nelle forme attuali nel 1429.
La chiesa di San Gaetano: l'antica Santa Maria intus, di origine alto medievale, nonostante la modestia delle architetture esterne, rivela all'interno una eccezionale sequenza di emergenze archeologiche che documentano in successione stratigrafica le varie fasi del tempio cristiano, eretto sui resti di un preesistente edificio romano con mosaici del I-Il sec. d.C
Il Palazzo Sanità: della sontuosa dimora dei Sanità, ricca famiglia originaria di Todi e trapiantata a Sulmona nella prima metà del Due- cento, restano il portale di tipo durazzesco, avanzi di bifore, la corte centrale e la pregevole Madonna col
Bambino affrescata da Andrea Delitio intorno alla metà del XV secolo lungo la scale a di accesso al piano superiore.
Il Palazzo Tabassi: tipica dimora patrizia tardo-medievale, con cortiletto
interno, suggestiva finestra bifora e portale di tipo durazzesco, lavorato nel
1449 da mastro Petro da Corno; sul cantonale di sinistra, lapide sepolcrale
romana con scena di caccia
Il Palazzo della SS. Annunziata: il gioiello più prezioso del patrimonio architettonico cittadino, realizzato in momenti diversi a partire dal 1413 e completato nel tardo
Cinquecento.
Con la chiesa attigua, radicalmente ricostruita dopo il
terremoto del 1706 da maestranze pescolane, il monumentale complesso documenta e simboleggia quattro secoli di arte sulmonese,
una sintesi stupenda di gotico, di rinascimento e di barocco, una somma di
tradizioni locali permeate di influssi lombardi, veneti e toscani rivelati
dalla splendida trifora, dal festoso fiorire del primo portale, dall' eleganza
delle bifore, dalle sculture ricche di
reminiscenze ghibertesche del portale centrale, dalle possenti colonne
che in duplice ordine danno slancio alla
scenografica facciata della chiesa. In
origine ospedale e, nella parte nobile, dimora del magistrato, ospita oggi il Museo Civico, la Pinacoteca d'Arte Moderna e la Camerata Musicale, nonché un "museo in situ", con eccezionali resti di edifici di epoca romana, pavimenti musivi e affreschi parietali del I secolo d.c. in terzo stile pompeiano. Domina dall' alto dei suoi 65 metri di altezza il cuspidato campanile costruito nella seconda metà del Cinquecento.
Il Museo Civico: fondato alla fine del secolo scorso, si articola in due sezioni: l'archeologica (in fase di allestimento), ricca di oggetti di scavo, materiali preistorici, ceramiche, bronzi di età italica e romana, monete, documenti epigrafici, frammenti scultorei e
musivi; la medievale e rinascimentale raccoglie sculture, dipinti e arredi provenienti in gran parte da chiese locali e dalla soppressa abbazia di Santo Spirito al Morrone; notevoli oreficerie di scuola locale, un catasto del 1376 (il più antico delle province meridionali), monete di zecche abruzzesi.
Piazza XX Settembre: con al centro la statua di Ovidio, uno dei massimi poeti della latinità, nato a Sulmona nel 43 a.c. e morto a Tomi sul Mar Nero nel 17 d.c.; in posizione d'angolo il palazzetto di Giovanni dalle Palle veneziano del 1484; fa da sfondo l'edificio del Liceo Classico, già sede dei Gesuiti.
Il Palazzo Rinascimentale: conosciuto, ma impropriamente, come Palazzo Meliorati, con elegante portale bugnato, quattro finestre ad arco ribassato lavorate a traforo e, all'interno, piccola corte con loggia tino ad archi a tutto sesto.
Vico dei Sardi: col palazzetto medievale ristrutturato nel 1477, appartenuto alla nobile casata sulmonese, con bel
portale e finestrone di tipo guelfo e, all'interno, suggestivo cortiletto.
La chiesa di San Francesco della Scarpa: eretta dai Francescani al tempo dei primi Angioini, poi fortemente depauperata dai terremoti, oggi offre ancora la bella facciata tardo-gotica e lo splendido portale laterale inserito nei resti del complesso absidale a formare un insieme altamente
scenografico; l'interno, dominato dalla fastosa cantoria barocca e illuminato da candidi stucchi settecenteschi, ospita la cappella della comunità lombarda con la cinquecentesca pala della Visitazione del bergamasco Paolo Olmo.
Porta Filiorum Amabilis: l'unica delle porte della prima cinta muraria
giunta fino a noi, sia pure in forme trecentesche; nel sottarco, bassorilievo di epoca romana con scena di caccia.
La Fontana del Vecchio: realizzata nel 1474 dal capitano di Sulmona Polidoro Tiberti da Cesena in forme rinascimentali ricche di reminiscenze toscane.
L'acquedotto medievale: costruito dai Sulmonesi al tempo di re Manfredi di Svevia (1256) e ancora perfettamente conservato nonostante i danni patiti nel corso dei secoli,
si compone di 21 possenti arcate a sesto acuto in
pietra concia, che concorrono a
delimitare il vuoto funzionale della grande piazza del mercato.
Piazza Garibaldi: la Piazza Maggiore di un tempo, oggi intitolata all'Eroe dei Due Mondi, da sempre destinata ad ospitare fiere e mercati, giostre e feste cittadine; qui si fondono in armonioso eclettismo le grigie arcate dell'acquedotto duecentesco, l'angolo barocco della
chiesa di Santa Chiara, i "cordoni" di lombardesca memoria, le dorate strutture
della trecentesca facciata di Sant' Agostino, la chiesuola di San Rocco e palazzi di ogni epoca posti tutt'intorno al "fontanone", ritagliato nel duro calcare della Maiella dagli abili scalpellini pescolani.
La chiesa di Santa Maria della Tomba: una delle maggiori chiese cittadine, con facciata a coronamento
orizzontale di tipo abruzzese, arricchita dal portale tardo-gotico e dallo splendido rosone lavorato nel 1400 a spese di Palma di Amabile. Di notevole, all'interno, una campana del 1313, una pregevole Madonna col Bambino in terracotta del tardo Quattrocento, che riecheggia i modi di Silvestro dell'
Aquila, resti di affreschi parietali e buoni dipinti su tela.
Porta Napoli: la medievale Porta Nova, col suo dorato giuoco delle bugne e i raffinati rilievi scultorei di epoca romana riutilizzati in funzione di capitelli sui piedritti del finestrone, sorge ora solitaria sul percorso dell' asse viario principale; un tempo si incastonava come perla preziosa nella cinta muraria trecentesca, in gran parte abbattuta nel corso degli ultimi secoli o soffocata dall'espansione edilizia.
L'Abbazia Morronese e il Santuario di Ercole Curino: a meno di cinque chilometri dalla città, sorge il complesso abbaziale dei Celestini con chiesa barocca all'interno e Cappella Caldora con cicli di affreschi e monumento funerario del 1412, opera dello scultore Gualtiero D'Alemannia. Non lontano, lungo le pendici della montagna del Morrone, sono stati riportati alla luce i resti del santuario di Ercole Curino, che ha restituito preziosi reperti, tra i quali un' ara di bronzo e
una statuetta raffigurante Eracle in riposo, replica d'autore di Lisippo di Sicione. Più in alto, quale nido d'aquila abbarbicato tra le rocce, il piccolo romitorio di Sant'Onofrio, ove trovò rifugio e solitudine l'umile eremita Pietro Angelerio da Isernia, eletto papa nel 1294 col nome di Celestino V e destinato "per viltade" al "gran rifiuto".
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